lunedì 10 giugno 2013

Del call center o del male assoluto

Gec Art. “89.24.24 – Generazione senza miti” gec-art.com

Due mesi di esperienza in un call center possono minare la stabilità psicologica di una persona. Anche due settimane in realtà. Ma due sono i mesi passati con una cuffietta alle orecchie dall’autore di questo articolo. Si potrebbe trarre, da questa esperienza diretta, qualche dritta per i lettori su come evitare di essere chiamati o come rispondere alla chiamata di un call center, senza perdere tempo e senza fare danni nella psicologia frustrata dell’operatore. Ma questo, come vedremo più avanti, non è possibile.
Innanzitutto vediamo come funziona il lavoro di un operatore di un call center. Ce ne sono di molti tipi, in questo caso analizzeremo quello sperimentato dall’autore. Si tratta di un centro che lavora per un provider di telefono e internet con connessione a banda larga in fibra ottica. E’ un call center di tipo “out bound”, ovvero che non riceve chiamate dai clienti, ma chiama dei “potenziali clienti” sul telefono fisso. Rompendogli clamorosamente le scatole.L’orario di lavoro è concentrato negli orari in cui si hanno statisticamente maggiori possibilità di trovare gente a casa, ovvero tra le 11 e le 15 e tra le 18 e le 21. Ovvero durante i pasti.
L’operatore si siede davanti al computer, indossa una cuffietta con microfono, e il programma inizia a chiamare i potenziali clienti. Questi, sempre in questo caso specifico, sono presi da vecchi elenchi telefonici, non si sa bene con quale criterio, ma si sa che sono numeri vecchi, perchè rispondono in maggior parte anziani e perchè quando rispondo giovani spesso comunicano che “la persona che che cercate non ha più questo numero da anni, io sono 5 anni che abito qua”. L’operatore non sa chi chiamerà, la scheda del cliente infatti compare soltanto nel momento in cui questi risponde al telefono (e questo causa frequenti errori di lettura dei cognomi). Dalla scheda l’operatore conosce alcuni dati, nome e cognome dell’intestatario del telefono, indirizzo, e potenzialità della linea, ovvero se c’è o meno la fibra ottica, o che tipo di linea è presente nella zona.
L’operatore deve proporre ai “clienti”, che non sanno, e probabilmente non vogliono essere “clienti”, un appuntamento con un incaricato, che si occuperà di spiegare nel dettaglio e vendere fattivamente l’abbonamento.
Quindi l’operatore chiama, il cliente risponde, l’operatore prova a spiegare il motivo della chiamata “Buongiorno sono Michele e chiamo dalla xxxxweb, posso parlare con chi si occupa di telefono ed internet in casa?” di solito a questo punto viene mandato a quel paese, oppure il cliente risponde di non usare internet, di non usare il telefono, di non avere tempo, di non avere idea di cosa sia internet, o qualsiasi altra cosa, per porre fine alla telefonata.Spesso riaggancia semplicemente, a volte insulta. Tante volte si lamenta del fatto che si disturba all’ora di pranzo, oppure minaccia denunce per averlo chiamato. Spesso a rispondere è una badante che spiega che la padrona di casa è a letto malata. Chiusa la chiamata l’operatore clicca su chiamata conclusa, su “non interessato” e spunta “rifiuta il dialogo”. In questo modo il contatto finisce in una lista che non sarà più richiamata per qualche settimana. Poi arriva un’altra chiamata, presentazione, chiusura, spunta, clic, chiamata, presentazione, chiusura, spunta, clic, chiamata, presentazione, chiusura, spunta, clic. Così per 4 ore consecutive, in cui le persone che non chiudono immediatamente la chiamata saranno, se va bene, una dozzina. A questa dozzina di persone con cui si può “parlare” l’operatore spiega le “nuove” tariffe e i vantaggi della propria compagnia. La proposta, va spiegato, è sempre un’offerta che sta per scadere, che solo noi possiamo proporre a quel prezzo e che ha altri particolari vantaggi che solo il nostro incaricato potrà spiegare nel dettaglio, con tariffe particolari secondo le esigenze del cliente (balla colossale) ed è in ogni caso sempre una proposta estremamente vantaggiosa, la compagnia migliore eccetera. Il tutto spiegato senza entrare troppo nel dettaglio, perchè questo sarà il ruolo dell’incaricato che andrà a casa a far firmare il contratto ed a “dare tutte le informazioni approfondite”. I clienti però fanno le domande, e spesso sono informati, anche meglio dell’operatore, che così facendo, andando avanti col lavoro, si rende conto di giorno in giorno degli “svantaggi” della proposta, in particolare nelle aree non coperte da fibra ottica, dove va però venduto lo stesso il prodotto. Le chiamate vanno a zone, per coordinare meglio il lavoro degli incaricati, quindi capitano diversi giorni consecutivi in cui si telefona in comune e quartieri dove non c’è la fibra, perciò è quasi impossibile fissare gli appuntamenti. Però bisogna farlo lo stesso. Qualche piccola bugia può aiutare. Tipo sostenere che gli altri sono più cari. Che la linea è comunque più veloce. Che i servizi sono migliori. Perchè bisogna fare questo per prendere comunque gli appuntamenti? Il lavoratore è pagato con un fisso, poco meno di 5 euro netti all’ora, e una piccola percentuale sui contratti chiusi dagli incaricati (ma soltanto se se ne raggiunge un livello minimo che dà accesso al bonus), ma il contratto è misterioso: non viene fatto vedere ai lavoratori, e non si sa di preciso quando scade. Apparentemente è settimanale. Il capoufficio, sulla cui figura diremo qualcosa più avanti, segna ad ogni giornata il numero di appuntamenti presi, e alla fine della settimana, se la media non è quella richiesta, minaccia di lasciare a casa l’operatore. La media è di un appuntamento preso al giorno. Rispettare la media è praticamente impossibile. Ecco perchè si è costretti a insistere ed ad affermare, sostenuti dal capo, qualche “piccola” bugia.
Passiamo alla figura del capoufficio. Non è una figura particolarmente brillante, ma particolarmente servile. Pur essendo stato lui stesso un operatore fino a pochi mesi prima, applica con spietata freddezza la regola del “se sei sotto la media vai a casa”. Quasi un “Kapò”. Più volte al giorno chiede il numero di appuntamenti presi, inveendo sottilmente con chi è sotto media, ricordando più volte quanti appuntamenti sono necessari per recuperare la media, e spesso sistemandosi dietro la postazione per ascoltare le tue chiamate. Pressione costante e crescente. Casualmente, ma potrebbe anche essere volontariamente, accenna spesso a colloqui con nuovi lavoratori, a curriculum arrivati e a persone in prova nell’altro turno, e il messaggio che arriva al dipendente è“sei sostituibile, non abbiamo bisogno di te, ci mettiamo un attimo a rimpiazzarti”.
Se ciò è particolarmente stressante, ma probabilmente comune anche ad altri lavori, a rendere il call center uno tra i peggiori lavori al mondo è la sua stessa natura: “rompere le palle alla gente”. Chi riceve le chiamate ha ragione a lamentarsi. Nessuno è felice di ricevere una telefonata da qualcuno che vuole rifilarti un prodotto o un servizio che tu non stavi cercando. E perciò è normale che mandi a quel paese l’operatore. C’è chi lo fa in modo maleducato, e insulta. L’operatore si sente umiliato, si abbatte un po’ ma incassa e va avanti. C’è chi riattacca, e l’operatore si sente denigrato come persona, perchè non gli è stato neanche concesso un saluto o di parlare. C’è chi inizia ad inveire contro i call center in generale, e l’operatore sente tutto il peso della ragione da parte di chi ha risposto, e la vergogna per essere parte di quella macchina, ed al tempo stesso la disperazione di non avere un’altra possibilità di sopravvivenza se non quell’infimo mestiere. C’è chi ringrazia gentilmente ma dice di non essere interessato, ed anche questo è frustrante, perchè tutta quella gentilezza si scontra con il kapò piazzatosi alle tue spalle che ti assilla “Perchè non hai insistito? Le hai chiesto se usava il computer? Le hai chiesto se lo usava un familiare?”. Poi ci sono quelli che ti illudono “Si ne parlerò con mio marito” “Richiami domani che c’è mio figlio ed è interessato” “Si si mi interessa ma ora non ho tempo, chiami il mese prossimo”, e qui la frustrazione è solo rinviata, ma anche più pesante quando si capisce che era solo una scusa per chiudere in fretta la chiamata. Poi c’è anche chi è interessato e prende l’appuntamento, ma sempre, e solo, persone che già erano interessate al prodotto ed in procinto di informarsi. Solo in questo caso la chiamata va a buon fine. Si può essere i più bravi, i più insistenti al mondo, ma solo quando si trova una persona che “già voleva” il prodotto glielo si può vendere. I casi diversi sono rarissimi. Quindi tutto il discorso di parlare bene, essere convincenti, sostenere qualche piccola menzogna? Utile solo con quello 0,2% (percentuale realistica) di persone interessate, a cui la pillola va comunque indorata. Su cosa si basa quindi il riuscire a realizzare la media? Sulla fortuna.
Il call center quindi è una figura intermedia tra chi offre un servizio e chi lo desidera, e il suo ruolo consiste nel “beccare” questo prima che si rivolga a operatori concorrenti, andandolo a beccare direttamente a casa, un attimo prima che il suo desiderio di acquistare quel servizio si sia concretizzato. Ovviamente lucrando su questa transizione, che non viene pagata direttamente dal cliente ma dalla (in questo caso) compagnia telefonica, che poi ovviamente se ne rifarà su tutti i clienti. Il call center fa questo lavoro in una maniera antipatica e poco efficace, che funziona solo su numeri molto grandi. E’ come se un ragazzo brutto entrasse in una discoteca grandissima e passasse da tutte le ragazze a chiedere sgarbatamente “Scusa vuoi ballare con me?”. Prima o poi una che ci sta, sulla quantità, la trova. Nel frattempo però ha rotto le scatole a tutti e probabilmente è anche stato buttato fuori dal locale.
Possiamo però a questo punto dare una soluzione per essere disturbati meno dai call center? Chiedere di essere cancellati dalle liste è inutile (gli operatori non lo possono materialmente fare, e se chiedono al capo di farlo si mette a ridere). Iscriversi al registro delle opposizioni può essere utile per non essere più inserito in liste nuove, ma non ti salva da quelle in cui sei già (a tua insaputa). Evitare di dare il proprio numero quando ci si iscrive alla raccolta punti al supermercato, a concorsi su internet e (attenzione attenzione) ad agenzie interinali può essere utile sempre per lo stesso motivo, ma non salva da quelle in cui si è presenti. Quale dovrebbe essere quindi la soluzione? Non c’è. I call center sono il frutto della crisi, lucrano creando un lavoro che i disperati sono disposti a fare per non restare a casa, almeno finchè ce la fanno. Poi ci saranno altri pronti, in coda per sostituirli. C’è chi ce la fa, chi è magari poco sensibile o così “zen” da riuscire a farsi scivolare tutto addosso, oppure c’è chi, come in questa esperienza diretta, accumulava ogni giorno livelli di stress così alti da indurlo a litigare con qualsiasi “prossimo” incontrato sulla via, amici e familiari compresi. La frustrazione del saper di rompere le palle al prossimo in modo pesante non è cosa di cui tutti sono in grado di farsi carico serenamente. Se poi capita anche di sentir dire alla propria “vicina di banco” (laureata e madre di due figli e costretta a lavorare lì per provare a mantenere la famiglia, compreso il marito disoccupato) “Lei e le sue colleghe avete rotto i coglioni, andaste a battere sui marciapiedi fareste un lavoro più onesto” la voglia passa in fretta (e dire che la prima settimana era quasi divertente). La soluzione ai call center, probabilmente, è che i call center non dovrebbero esistere, o almeno la gente non dovrebbe essere disposta a lavorarci. Come non aggravare la frustrazione dell’operatore?Acquistando il servizio. Non lo volete acquistare? Ogni risposta in questo caso sarà negativa per lui, una gentile sarà “meno peggio”.

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